Depressione

depressioneLa depressione assume molti nomi, alcuni scientifici, come disturbo depressivo, altri meno autorevoli, legati al linguaggio immaginario e fantasioso del popolo. Per intendere la depressione si parla allora del male oscuro, del morale sotto i tacchi, del perenne muso lungo. Eppure quando parliamo di depressione non ci riferiamo ad un momentaneo momento di sconforto, a qualche ora di cattivi pensieri che offuscano la “luce” della ragione, d’improvviso, senza cause evidenti. La depressione è un vero e proprio disturbo dell’umore, caratterizzato da precisi sintomi che vanno a minare la sfera cognitiva, affettiva e comportamentale dell‘individuo, che tende a sentirsi non in grado di adattarsi alla “quotidianità sociale“, impossibilitato dunque a svolgere una vita normale. Tutti questi sintomi sono in grado di alterare il pensiero e il modo di ragionare del malato, modificando in negativo la visione che egli ha di se stesso e del mondo che lo circonda. La conseguenza è, in molti casi, la comparsa di tendenze suicide o autolesioniste, deficit progressivo dell’attenzione, sfibramento e stanchezza corporea, insonnia e disturbi alimentari.

Nell’ambito di questo disturbo umorale va fatta una necessaria distinzione: i medici parlano infatti di un episodio depressivo e di un disturbo depressivo. L’episodio depressivo ha una durata limitata nel tempo. Il suo strascico di sintomi deve presentarsi per almeno due settimane di seguito prima di “abbandonare la vittima“. Può capitare però che in questo lasso di tempo, il malato, a causa del disequilibrio umorale, arrivi a minare i propri rapporti sociali, o la propria situazione professionale. Quando invece parliamo di disturbo depressivo, allora ci riferiamo ad una serie di “episodi” concatenati, che impediscono al soggetto malato di riequilibrare la sua vita, liberandolo dai foschi pensieri solo in pochi e rari momenti. La gamma dei sintomi derivati da queste patologie è molto ampia, e per diagnosticarne la presenza reale occorre che almeno cinque dei seguenti sintomi attanaglino il soggetto malato:

  • Insonnia o ipersonnia;
  • Umore depresso quasi per tutta la durata della giornata;
  • Perdita di interesse e di piacere verso tutte le diverse attività della giornata;
  • Mancanza di energia e spossamento corporeo progressivo;
  • Agitazione e stati d’ansia;
  • Perdita o aumento di peso;
  • Senso di colpa ed immagine svaluta della propria persona;
  • Carenza evidente nell’attenzione;
  • Elaborazione costante di pensieri di morte.

Tra le due forme patologiche, i medici indicano la maggiore frequenza del disturbo rispetto all’episodio. Si stima che nel 50-60% dei casi, l’episodio si tramuti facilmente in disturbo, per via della progressione e della degenerazione della malattia. Gli studi scientifici hanno svelato come il disturbo depressivo abbia una maggiore incidenza sulla popolazione femminile, in un rapporto di 2 a 1 con quella maschile. Solitamente i sintomi compaiono intorno all’età adolescenziale, per aumentare durante l’età adulta, con prevalenza nelle donne del 10-25% rispetto agli uomini che si trovano intorno al 5-12%.

La discussione circa le cause reale del disturbo depressivo sono state lunghe e piene di smentite e conferme. I primi dibattiti scientifici indicavano nel fattore biologico la prima causa della comparsa di questo tipo di disturbo. Successivamente diverse ricerche hanno svelato l’incidenza di altri fattori, che sono quello genetico, psicologico ed ambientale. Il fattore biologico è da imputare all’utilizzo di alcuni farmaci, che farebbero aumentare il rischio di “contrarre” la malattia. Nei pazienti depressi si è poi riscontrata una sorta di iperattività nell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, con una conseguente elevate presenza dell’ormone cortisolo nel sangue. Inoltre stati di stress prolungati sono in grado di interferire nel normale rilascio di serotonina e noradrenalina da parte di alcuni neurotrasmettitori.

Per quanto riguarda i fattori di tipo genetico, si è giunti ad attribuire una notevole ereditarietà ai disturbi depressivi, che si attesterebbe intorno al 76% circa. Naturalmente l’approccio affettivo negativo di un genitore depresso verso un figlio, potrebbe finire per aumentare il rischio di malattia. Questo concetto però va a legarsi ai fattori psicologici ed ambientali. Psicologici nel senso dello stress a cui un soggetto è sottoposto, alla tranquillità mentale ed emotiva perduta. Alcune teorie psicoanalitiche, riconducono la presenza del disturbo depressivo a cause nascoste nell’inconscio dell’individuo. In ultimo i fattori ambientali, che sembrano interessare soprattutto l’avvento della malattia in età adulta. Le esperienze negative che viviamo possono portare a pensieri oscuri circa la nostra esistenza. Pensieri che inizialmente si affacciano alla coscienza in maniera timida, ma che si distinguono dagli altri per la loro permanenza prolungata, che gli permette una crescita di intensità e la comparsa di un forte stress emotivo. In generale, qualsiasi cambiamento importante nella vita, come la perdita di lavoro, della persona amata, un lutto grave, possono creare le basi favorevoli alla creazione e alla rapida degenerazione del disturbo.

Oggigiorno tra le terapie adottate per la cura del disturbo, spicca l’utilizzo degli psicofarmaci, gli unici a detta dei medici, in grado di riequilibrare le alterazioni dei neurotrasmettitori chiamati al rilascio di dopamina, serotonina e noradrenalina. I farmaci suddetti vengono chiamati antidepressivi, e ce ne sono di vario genere per i diversi casi clinici riscontrati.

Molto discussa è la elettroterapia, o, come solitamente viene chiamata, l’elettroshock. L’universo scientifico è d’accordo alla quasi unanimità della sua efficacia nel 85% dei casi. Eppure la polemica circa l’utilizzo di questa terapia si abbatte non solo sulle metodologie di svolgimento, ma anche sulle complicazione che a lungo termini può portare in un paziente, complicazioni come gli stati catatonici e vegetali.

In conclusione possiamo dire che il disturbo o l’episodio depressivo siano patologie molto delicate, soprattutto se germogliano in personalità sensibili che non hanno in se la forza di reagire. Spesso la sola reazione emotiva risulta anche insufficiente, e, come si è visto, solo la consulenza con un buon medico potrà portare giovamento al malato. Il problema però è anche qui: chi è affetto da questa malattia difficilmente trova la forza per recarsi da un medico e farsi curare. Spesso il solo fatto di ammettere la presenza della malattia è un’azione più ardua di quanto si possa pensare. La vicinanza con degli amici e parenti può aiutare il soggetto a venirne fuori, ma anche in questi casi la cosa non è esattamente scontata. Il senso di solitudine e di inutilità che un disturbo dell’umore provoca, è paragonabile a quei momenti di sconforto che tutti viviamo qualche volta come un piccolo lago è paragonabile ad un oceano.

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